lunedì 27 febbraio 2012

LA SOFFERENZA SENZA CRISTO

Venerabile Mons. Luigi Novarese (L’Ancora: n. 9/10 - settembre/ottobre 1970)
Per le mani di Maria, custodire in noi la presenza di Cristo Signore. Sovente si sente l'interrogativo, “so Dio c'è, perché ci devo essere il male? Perché le cose debbono andare tanto alla rovescia? Perché c'è questa tolleranza di offesa, di bestemmie, di peccati? Perché le vicende umane non sono meglio regolate?” (Paolo VI, 13X11964). Tutti perché profondi, angosciosi ed angoscianti che si agitano nel più profondo dei cuore di ogni uomo e che, evidentemente, hanno un loro significato ben preciso, quello, se non altro, di spingere l'umana ragione a cercarne la soluzione non soltanto dentro di sé corn l'aiuto della ragione, ma anche al di fuori di sé per vedere su quali realtà egli possa basarsi per una soluzione chiara e convincente. Sovente la creatura che non riesce a scoprire una soluzione ai problemi che la tormentano finisce coi cadere nella tentazione dei più tetro fatalismo, come se tutto fosse retto e governato da non si sa quale artefice crudele. Le varie teorie filosofiche di moda antica e recente, come ad esempio il razionalismo, l'illuminismo, il materialismo ed il naturalismo pur partendo da principi totalmente opposto tra loro, non soltanto dicono proprio nulla su tali problemi fondamentali ma per quanto riguarda i1 dolore o le conseguenze della malattia portano e conclusioni ed applicazioni raccapriccianti, come ad esempio la selezione razzista, l’eliminazione dei menomati, in Cina, oppure lo sfruttamento della sofferenza per un'attività politica come in Russia. Considerando la genesi, lo sviluppo e l'applicazione delle tante teorie ateistiche, facile e sicura è per lo meno una conclusione: l'uomo ha sempre preso di mira tali problemi e mai è riuscito a darne un'impostazione convincente, non avendo egli in se stesso la possibilità di vincere e superare il dolore. Certuni arrivano ad affermare che la presenza dei dolore nella vita dell'umanità ed in modo particolare la presenza dei dolore Innocente o attestano l'assenza di Dio o dicono, addirittura, la presenza di un Dio tiranno e sadico che gioisce nella visione di tanta sofferenza. Non di rado però questi pensatori così strani nel loro modo di pensare, terminano la propria esistenza con un grido di disperazione e di ricerca di quel Dio che non hanno voluto riconoscere, vedi Nietszche nel dialogo tra Zarathustra ed il vecchio mago. Tutte le suddette teorie concordano nel sostenere che l'uomo deve vivere alla giornata, senza alcun vincolo e limitazione morale perché tutto termina con la cessazione della vita. La denuncia però della propria impossibilità a risolvere un problema, non dice che Il problema non debba essere affrontato e risolto. Ben a ragione, dunque, l'umanità scossa da ammirazione per le suo scoperte e la sua potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale evoluzione dei mondo, sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul senso dei propri sforzi Individuali e collettivi, ed ancora sul fine ultimo delle cose e degli uomini”. (Chiesa nel mondo contemporaneo). E questo perché in tutti i vari sistemi filosofici che escludono un Dio creatore, perfetto, provvido e, per di più, Redentore, non danno nessunissima risposta al grande problema della sofferenza che continua ad essere aperto. E' vero che “l'uomo non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose al di sopra di noi, Indipendentemente dalla nostra volontà e della corporali ed a considerarsi più che soltanto una particella della natura, o un elemento anonimo della città umana”. (Chiesa nel mondo contemporaneo, 14), ma riconoscendosi re del creato, dotato di una sete insaziabile di perfezione, deve, per logica conseguenza, entrare nella profondità dei proprio cuore e risalire dalle realtà visibili alle realtà invisibili ed a scrutare nelle profonde ed incancellabili linee della storia dell'umanità se Dio abbia o no allacciato un dialogo con la creatura ed abbia o no dato una risposta al tanti perché che torturano l'umana esistenza. Nella foschia, risplenda la luce del Cristo che illumina la via L'uomo che voglia risolvere da solo i propri problemi e destini finali dimostra che è una gran povera creatura che, mentre depreca il dolore e gli va magari storicamente Incontro, non soltanto resta sempre un vinto senza speranza, ma dà testimonianza, proprio con la stessa ragione che non vuole ammettere Dio. che egli ha In se stesso, sia pure non usandole rettamente, facoltà spirituali capaci di sintesi e di astrazione che animano il suo corpo e che non possono, per conseguenza, essere giudicate alla stregua delle cose che si vedono e che si toccano. Proprio, queste realtà spirituali Interiori devono convincere l'uomo a guardare verso l'alto e a ricercare, almeno in forza di un dubbio prudente, se al di fuori di lui può trovare la risposta ai tanti perché che lo assillano. L'universalità poi, di un'intima ed inestinguibile sete di continua ricerca di perfezione umana e sociale, di un Dio creatore e reggitore di ogni cosa, di una vita perenne oltre la tomba, non è ancora una prova suadente che dobbiamo allacciarci a qualcosa che deve venire dal di fuori di noi, ma che già ha le sue radici in noi e che ci renderà, quale frutto della sua scoperta, creature nuove, con possibilità Interiori nuove, tali da conseguire quanto con precisione e verità avvertiamo con tanto raccapriccio dentro di noi? Non credendo l'uomo al Messaggio di salvezza dei Cristo e non accettando la Sua parola che lo libera da qualsiasi legame e gli schiude orizzonti nuovi, “la libertà umana viene lesa in maniera assai gravemente e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e dei dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione”. (La Chiesa nel mondo contemporaneo n. 21). “In faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo. Non solo si affligge l'uomo al pensiero dell'avvicinarsi del dolore e della dissoluzione del corpo, ma anche, ed anzi più ancora, per li timore che tutto finisce per sempre” (La Chiesa nel mondo contemporaneo n. 18). E' in realtà una constatazione di fatto e da tutti accettata che il dolore è in se stesso essenzialmente qualcosa di negativo, di antinaturale; un male che per quanto possibile va debellato, una “disperata inutilità” (Paolo VI, 27.111.1964). L'impostazione naturalistica e materialistica dell'esistenza sovente denuncia con i suoi terribili risultati, di cui le cronache sono piene, le sue falle enormi e disastrose, che portano l'uomo alla più catastrofica disperazione; con la morte si cerca di sfuggire il dolore, pensando di sprofondare nel nulla, dimentichi che la seconda componente della vita dell'uomo, l'anima, non può morire. Non possono le varie teorie filosofiche e le più stravaganti impostazioni odierne dei modo di vivere, distruggere, sminuire, o anche momentaneamente ritardare le ineluttabili e somme realtà che esistono nostra accettazione o meno; l'uomo non può condizionare Dio e Dio è l'unica realtà che veramente ci interessa. E' certamente la sofferenza una ferita alla natura umana, di cui, senza la parola di Dio non si sa nè l'origine nè il perché e quel che è peggio non si sa come curarla. Rettamente giudice l'istinto dei cuore, quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina di annientamento definitivo della persona. Il germe dell'eternità che l'Uomo porta in sé irriducibile com'è alla sola materia insorge contro la morte. “Tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi non riescono a colmare le ansietà dell'uomo; il prolungamento della longevità biologica non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore che sta dentro invincibile nel suo cuore” (Chiesa nel mondo contemporaneo n. 18). E la Chiesa tradirebbe la sua missione se lasciasse l'uomo nella illusione che la felicità, sia pure raggiungibile, dei benessere, è sufficiente al destino al quale è rivolto la vita dell'uomo e che questa non comporta ben altre esigenze che quella che il benessere culturale ed economico moderno può soddisfare. “Tutti sappiamo come l'edonismo conduce l'uomo a fermarsi entro confini di se stesso, a non superarsi, come sarebbe suo radicale destino e perciò ad accrescere senza fine i suoi desideri, anzi a soddisfarli e livelli gradualmente inferiori alla propria statura razionale, eretta verso la misteriosa trascendenza religiosa; a cercarne l'insaziabile compimento nelle più degradanti passioni, nello smarrimento dei fini superiori, nel vizio e nella angoscia” (Paolo VI, Ceneri, 11.3.1970).
Questa sera alle 19,00 presso la nostra sede in via Perugia,44 si terrà un incontro formativo. Non manchiamo!

domenica 26 febbraio 2012

Carissimi buona domenica. Ieri come CVS di Lucera - Troia siamo stati ospiti nella parrocchia di San Francesco Antonio Fasani in Lucera (zona lucera2). Abbiamo pregato il Santo Rosario e alle 18,30 è stata celebrata la Santa Messa al termine della quale è stata recitata la preghierà per chiedere la Glorificazione del nostro Fondatore.

mercoledì 22 febbraio 2012

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 «Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (Eb10,24) Fratelli e sorelle, la Quaresima ci offre ancora una volta l'opportunità di riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità. Infatti questo è un tempo propizio affinché, con l'aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, rinnoviamo il nostro cammino di fede, sia personale che comunitario. E' un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale. Quest’anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico tratto dalla Lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (10,24). E’ una frase inserita in una pericope dove lo scrittore sacro esorta a confidare in Gesù Cristo come sommo sacerdote, che ci ha ottenuto il perdono e l'accesso a Dio. Il frutto dell'accoglienza di Cristo è una vita dispiegata secondo le tre virtù teologali: si tratta di accostarsi al Signore «con cuore sincero nella pienezza della fede» (v. 22), di mantenere salda «la professione della nostra speranza» (v. 23) nell'attenzione costante ad esercitare insieme ai fratelli «la carità e le opere buone» (v. 24). Si afferma pure che per sostenere questa condotta evangelica è importante partecipare agli incontri liturgici e di preghiera della comunità, guardando alla meta escatologica: la comunione piena in Dio (v. 25). Mi soffermo sul versetto 24, che, in poche battute, offre un insegnamento prezioso e sempre attuale su tre aspetti della vita cristiana: l'attenzione all'altro, la reciprocità e la santità personale. 1. “Prestiamo attenzione”: la responsabilità verso il fratello. Il primo elemento è l'invito a «fare attenzione»: il verbo greco usato è katanoein,che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà. Lo troviamo nel Vangelo, quando Gesù invita i discepoli a «osservare» gli uccelli del cielo, che pur senza affannarsi sono oggetto della sollecita e premurosa Provvidenza divina (cfr Lc 12,24), e a «rendersi conto» della trave che c’è nel proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell'occhio del fratello (cfr Lc 6,41). Lo troviamo anche in un altro passo della stessa Lettera agli Ebrei, come invito a «prestare attenzione a Gesù» (3,1), l'apostolo e sommo sacerdote della nostra fede. Quindi, il verbo che apre la nostra esortazione invita a fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata». Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene. Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell'altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore. Il Servo di Dio Paolo VI affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: «Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli» (Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], n. 66). L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui. L’evangelista Luca riporta due parabole di Gesù in cui vengono indicati due esempi di questa situazione che può crearsi nel cuore dell’uomo. In quella del buon Samaritano, il sacerdote e il levita «passano oltre», con indifferenza, davanti all’uomo derubato e percosso dai briganti (cfr Lc 10,30-32), e in quella del ricco epulone, quest’uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro che muore di fame davanti alla sua porta (cfr Lc 16,19). In entrambi i casi abbiamo a che fare con il contrario del «prestare attenzione», del guardare con amore e compassione. Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. Invece proprio l’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia: «Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione» (Pr 29,7). Si comprende così la beatitudine di «coloro che sono nel pianto» (Mt 5,4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L'incontro con l'altro e l'aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine. Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna - elenchein - è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi. 2. “Gli uni agli altri”: il dono della reciprocità. Tale «custodia» verso gli altri contrasta con una mentalità che, riducendo la vita alla sola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana! L’apostolo Paolo invita a cercare ciò che porta «alla pace e alla edificazione vicendevole» (Rm 14,19), giovando al «prossimo nel bene, per edificarlo» (ibid. 15,2), senza cercare l'utile proprio «ma quello di molti, perché giungano alla salvezza» (1 Cor 10,33). Questa reciproca correzione ed esortazione, in spirito di umiltà e di carità, deve essere parte della vita della comunità cristiana. I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l'altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione:la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano. «Le varie membra abbiano cura le une delle altre»(1 Cor 12,25), afferma San Paolo, perché siamo uno stesso corpo. La carità verso i fratelli, di cui è un’espressione l'elemosina - tipica pratica quaresimale insieme con la preghiera e il digiuno - si radica in questa comune appartenenza. Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all'unico corpo che è la Chiesa. Attenzione agli altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt 5,16). 3. “Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”: camminare insieme nella santità. Questa espressione della Lettera agli Ebrei (10,24) ci spinge a considerare la chiamata universale alla santità, il cammino costante nella vita spirituale, ad aspirare ai carismi più grandi e a una carità sempre più alta e più feconda (cfr 1 Cor 12,31-13,13). L'attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, «come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio» (Pr 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto in Dio. Il tempo che ci è dato nella nostra vita è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene, nell’amore di Dio. Così la Chiesa stessa cresce e si sviluppa per giungere alla piena maturità di Cristo (cfr Ef 4,13). In tale prospettiva dinamica di crescita si situa la nostra esortazione a stimolarci reciprocamente per giungere alla pienezza dell'amore e delle buone opere. Purtroppo è sempre presente la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di «trafficare i talenti» che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cfr Mt 25,25s). Tutti abbiamo ricevuto ricchezze spirituali o materiali utili per il compimento del piano divino, per il bene della Chiesa e per la salvezza personale (cfr Lc 12,21b; 1 Tm 6,18). I maestri spirituali ricordano che nella vita di fede chi non avanza retrocede. Cari fratelli e sorelle, accogliamo l'invito sempre attuale a tendere alla «misura alta della vita cristiana» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte [6 gennaio 2001], n. 31). La sapienza della Chiesa nel riconoscere e proclamare la beatitudine e la santità di taluni cristiani esemplari, ha come scopo anche di suscitare il desiderio di imitarne le virtù. San Paolo esorta: «gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12,10). Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone (cfr Eb 6,10). Questo richiamo è particolarmente forte nel tempo santo di preparazione alla Pasqua. Con l’augurio di una santa e feconda Quaresima, vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 3 novembre 2011 BENEDICTUS PP. XVI

CAMMINO DI QUARESIMA CON MONSIGNOR LUIGI NOVARESE

(ogni giorno su www.luiginovarese.it) CAMMINO DI QUARESIMA CON MONSIGNOR LUIGI NOVARESE In preparazione alla Celebrazione della Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Monsignor Luigi Novarese, desideriamo vivere i tempi liturgici forti con la sua guida, attraverso la meditazione della Parola di Dio e di una sua riflessione. MERCOLEDÌ DELLE CENERI Lettura biblica ... Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (2Cor 5,20-6,2) Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: “Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso”. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! Da Istruzione per la Quaresima 1967 Quaresima: periodo santo per il ricordo che ha dei quaranta giorni trascorsi da N.S. Gesù Cristo nel deserto in preghiera e penitenza; santo per i propositi di santità che deve suscitare in quanto la Chiesa ci invita ad un programma di santità: morire a noi stessi per vivere in Cristo proprio perché uniti dalla grazia a Cristo “siamo morti e risorti con lui”; santo perché termina con la settimana santa che ricorda gli avvenimenti più importanti della vita di Nostro signore. San Bernardo, parlando della Quaresima dice che è un periodo in cui dobbiamo agire con ogni perfezione, correggendo tutti gli errori passati. Nella Quaresima si deve agire con perfetta purità di cuore affinchè trascorsi questi giorni il nostro cammino sia più spedito e più luminoso. Per combattere con ordine dobbiamo avere una linea d’azione unica ed uguale. Se ciascuno va per il suo sentiero, dimentico degli altri, non può esserci un’azione ordinata: ogni anima che cerca la perfezione deve cercarla in un piano armonico con tutto l’ambiente in cui vive.

giovedì 16 febbraio 2012

NON DELUDIAMO LE ASPETTATIVE DELL’IMMACOLATA

Venerabile Mons. Luigi Novarese (L’Ancora: n. 2 - febbraio 1979) NON DELUDIAMO LE ASPETTATIVE DELL’IMMACOLATA Il 18 febbraio u.s. a Lourdes si è svolto l’incontro dei Direttori dei Pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo per dare inizio all’anno centenario della morte della piccola confidente della bianca Signora di Massabielle. A chi domandava a suor Bernarda, durante la sua vita, se fosse ritornata volentieri a Lourdes, immancabilmente la prescelta dalla Vergine Santa rispondeva: “Volentieri andrei a Lourdes, ma vorrei essere come un piccolo uccello sotto una delle piante davanti alla Grotta per essere sempre con quanti lì si recano incontro alla Madonna”. A chi insistendo, faceva intravedere un’eventuale reale possibilità di recarsi ancora alla Grotta, suor Bernarda con serenità rispondeva: “ Io a Lourdes non andrò più”. Eppure quando la giovane Bernardetta, dopo aver baciato per l’ultima volta la roccia sulla quale si era posata la bianca Signora, si staccò dalla Grotta, ripeteva piangendo: “ La Grotta era il mio Paradiso”. Ed è proprio alla ricerca di quella pace che viene dal Cielo che migliaia di persone si recano., ogni anno, da ogni parte del mondo, alla Grotta di Massabielle. Ma l’Immacolata non ha soltanto infuso gioia e pace nell’animo della Bernardetta, ha fondamentalmente inciso anche, nel suo cuore, un amore forte e dinamico per le anime da conquistare a prezzo di preghiere e di penitenze. Preghiera e penitenza: pensieri dominanti nell’Immacolata perché i figli abbiano ad incontrarsi e a raggiungere il Padre, fine per cui sono stati creati; preghiera e penitenza: pensieri dominanti, rimasti incancellabili nella mente della veggente di Lourdes, quale spinta insaziabile per riscattare il maggior numero possibile di anime; preghiera e penitenza: binario che i “Volontari della Sofferenza” hanno fatto proprio per continuare il programma centrale di Bernardetta nel desiderio di rispondere come lei all’Immacolata come figli amorosi. Preghiera e penitenza: deve perciò essere il programma di ogni Diocesi, in Italia e all’Estero, ove i “ Volontari della Sofferenza “ e i “ Fratelli degli Ammalati” operano, affinché le anime non siano soffocate o appiattite dal naturalismo e dal materialismo che imperversano, ma abbiano ad interiorizzarsi sempre di più nella dinamica della carità che anima la Chiesa Locale e Universale. Papa Giovanni Paolo II, parlando il 10 febbraio u.s., nella Cappella Sistina, del messaggio di Lourdes, ha detto fra l’altro: “A Lourdes il messaggio di Maria SS.ma, trasmesso da Bernardetta, invita incessantemente le anime alla preghiera, alla penitenza, alla conversione, alla purificazione, alla gioia dell’assemblea cristiana, in una parola ad una fede più operosa. - A Lourdes tanti ammalati trovano, se non la guarigione del corpo, per lo meno un senso cristiano alle loro sofferenze, la pace dell’amore di Dio e l’accoglienza sollecita dei loro fratelli E’ questo il programma più urgente e più luminoso che l’Immacolata presenta alle anime di buona volontà affinché molte anime si abbiano a salvare secondo il disegno del piano della Redenzione. Preciso compito dei “ Volontari della Sofferenza” è quello di essere strumenti vivi della Chiesa in questo momento particolare in cui una luce radiosa di Spirito Santo scende su di Essa per opera di Giovanni Paolo Il. I " Volontari della Sofferenza” che volontariamente si uniscono a Cristo per impreziosire le proprie sofferenze e volontariamente offrono il proprio dolore all’Immacolata per i peccati che si commettono, pregano per la conversione dei peccatori, pregano per il Papa i Sacerdoti e il loro sacro ministero e conquistano i loro fratelli sofferenti a questo programma, sono nell’insegnamento di Giovanni Paolo il le creature più preziose della Chiesa. Proprio in questa generosa risposta sta l’impegno dei “ Volontari della Sofferenza” e dei “Fratelli degli Ammalati” di non deludere le aspettative dell’Immacolata.

CHE COSA ATTENDONO GLI AMMALATI DAI SACERDOTI

Mons. Luigi Novarese (L’Ancora: n. 7 - settembre/ottobre 1965 ) CHE COSA ATTENDONO GLI AMMALATI DAI SACERDOTI In questo clima di ripresa spirituale che meravigliosamente sta portando il Concilio, nell’intento di scoprire sempre di più la propria personale vocazione per un ringiovanimento totale del volto della Chiesa, tra le tante belle ed opportune considerazioni che vengono fatte in questi giorni in tutti i settori della Chiesa, penso che non sia senza frutto considerare che cosa gli ammalati attendano dai Sacerdoti. Se vogliamo indagare, sia pure senza tanto andare in profondità, su quanto possono affermare i sacerdoti e gli ammalati, abbiamo giudizi quanto mai disparati. Gli ammalati, in genere, lamentano che i sacerdoti non hanno tempo per essi: sono molto presi per il Sacro Ministero; molte volte fanno sospirare anche la Comunione e quasi sempre mancano di tempo disponibile per unire al Sacramento della Confessione una parola di direzione spirituale e di sostegno. Parecchi sacerdoti, invece, affermano che gli ammalati sono tanti, che in una parrocchia vasta è già molto che si possa portare la Comunione al primo venerdì del mese, che mancano i confratelli che coadiuvino in questo settore così assorbente di tempo e così delicato. E’ difficile fare una giusta e reale posizione uguale per tutti anche perché la posizione varia da zona a zona, da sacerdote a sacerdote, da parrocchia a parrocchia. Una linea però pare che si possa tirare, senza offendere nessuno delle due categorie e cioè, ci sono tanti zelanti sacerdoti che vivono la loro vita sacerdotale accanto ai sofferenti come altrettanto volentieri passano le loro ore accanto al Ss.mo Sacramento dell’Altare, e ci sono pure ugualmente tanti altri sacerdoti che molto assorbiti dall’attività esterna, realmente talvolta trascurano questo settore, che, nella vita parrocchiale, fra tutti, è il più delicato, il più grave e il più importante. L’affermazione assoluta di delicatezza, gravità ed importanza, non deriva dall’amore verso il settore dei sofferenti, ma per la missione stessa che gli ammalati hanno nella società; missione che costituisce una mistica presenza di Gesù Cristo, ai nostri giorni, accanto a noi, nell’atteggiamento di vittima espiatrice e propiziatrice per tutto il genere umano, nella persona dei sofferenti. CHI E’ IL MALATO. I sofferenti per natura, nella visuale della grazia sono dei ripara. tori nati, come ad esempio un sacerdote, nell’ordine gerarchico, è il e deputato » nato a tutto ciò che è sacro tra Dio e l’uomo. Gli ammalati dunque sono dei propiziatori per eccellenza, per « vocazione » —come dice il regnante Pontefice, —che attirano forza sul buoni per essere eroici nella propria vocazione, grazia di stabilità ai perfetti per non retrocedere dalle posizioni con fatica conquistate, vita ai peccatori mediante la docilità alla grazia che bussa ai loro cuori. Alla luce dei principi della redenzione, che sono norma della nostra vita e di fronte ai richiami continui e pressanti del Magistero Pontificio possiamo con tranquillità affermare che, in genere, si dà troppa poco tempo agli ammalati e quel poco che si dona si offre in forma standardizzata: quei pochi minuti di corsa che occorrono per impartire, in fretta, i sacramenti della Confessione e della Comunione. LA CURA PASTORALE Ma le esigenze degli ammalati sono ben di più. Si noti pure che tali esigenze derivano dal fatto che la loro « inequivocabile vocazione » (Paolo VI, Discorso Venerdì Santo 1965) è affiorata in un momento della loro esistenza, quando meno forse essi se l’aspettavano. Se teniamo presente che la chiamata personale, fatta da Gesù agli apostoli ed al giovane ricco ha suscitato anche dei veri choc, dobbiamo pure pensare che lo schiudersi di una vocazione ad essere il continuatore del Cristo Crocifisso, quando si era intenti a sostenere la famiglia con lavoro, oppure si stava magari raggiungendo una posizione stabile nella vita che si apriva, può anche sollevare problemi non indifferenti, magari suscitare rimpianti, dolori e reazioni. Nel caso dell’ammalato, poi, l’invito di Dio non si limita a lasciare ciò che si ha ma a dare la propria esistenza per l’umanità sull’esempio del Cristo Crocifisso. Accanto a queste necessità di sostenere ed aiutare a scoprire i segni di Dio, si tratta inoltre di formare e tenere il soggetto all’altezza del proprio compito soprannaturale. Se noi sani, mutiamo umore tante volte anche nel corso di una sola giornata, che cosa non sarà mai di un sofferente che può essere afflitto per tantissimi motivi: l’immobilità, la posizione scomoda e dolorosa di un arto che non può muovere, il lavoro che non può più svolgere, le preoccupazioni familiari, la stanchezza dell’ambiente sempre uguale e sempre saturo degli stessi volti, il dover sempre dipendere da tutti anche nelle cose più delicate ed intime e poi il giorno che muta, le tentazioni che soffiano, le malattie che incidono sull’organismo con le loro relative conseguenze? E dinanzi a tale quadro potremo pensare che sia sufficiente un saltuario e rapido intervento sacramentario? E’ vero che il Signore opera direttamente attraverso i Sacramenti e che Gesù resta nel cuore di chi lo riceve e che lo Spirito Santo è il Santificatore delle animo, ma se sopprimiamo i mezzi ordinari, il sale della terra che deve condire e la luce che deve illuminare », siamo direttamente in opposizione con ciò che afferma S. Paolo, proprio circa la missione del Sacerdote, il quale è e costituito per gli uomini in tutto ciò che ha rapporto con Dio e precisamente: 1) per offrire doni e sacrifici per i peccati; 2) per compatire coloro che non sanno che sbagliano. Affinché poi il Sacerdote abbia ben chiari i limiti della natura umana e non si meravigli delle tante necessità ed infermità di cui le creature possono essere rivestite, egli pure aggiunge, S. Paolo, “ è circondato di molte infermità ”. DIREZIONE SPIRITUALE L’ammalato dunque deve essere delicatamente e con sapienza soprannaturale sostenuto nella sua formazione in vista della nuova missione, che egli viene ad avere nell’ambito del Corpo Mistico. Questa missione, diciamolo pure, con chiarezza, grandemente si avvicina e si unisce a quella del Sacerdote e questo, non soltanto per la socialità dell’offerta, ma per la “ mistica Messa ,, che l’ammalato continuamente celebra mediante l’offerta del proprio dolore (Paolo VI ai sacerdoti malati - 1965) e per il potenziamento che egli direttamente dà a tutto il ministero sacerdotale. Il sacerdote, infatti, è intimamente unito al Calvario e trae la propria ricchezza dall’Autore della grazia, Gesù Cristo, ricevendo noi tutti dalla Sua pienezza. Gli ammalati hanno per compito di continuare e completare la Passione di Cristo attraverso i secoli (S. Paolo, Col. XII, 12) per cui essi col loro dolore santificato dalla grazia non soltanto direttamente potenziano la Passione di Gesù che va con tanta sovrabbondante grazia a tutto il Corpo Mistico, ma validamente sostengono la stessa attività sacerdotale. In altre parole i sacerdoti svolgeranno meglio il proprio apostolato, saranno più fruttuosi nei loro interventi in proporzione della preghiera e del sacrificio da cui essi saranno sostenuti. Ecco perché Pio XII ha detto: « I Sacerdoti si stupiranno talvolta di non rimanere nei travagli dei loro ardui ministeri con le mani vuote: in cielo vedranno a chi si doveva la imprevista efficacia delle loro parole ». Con queste brevissime considerazioni possiamo già dare una rapida valutazione dei danni enormi che provengono alle anime, alla Chiesa, alla società, agli stessi sacerdoti per la trascuratezza con cui tenta volte si lasciano gli ammalati. L’affermazione che c’è tanto da fare, che si è obbligati a seguire tante diverse forme di apostolato, per cui viene meno la possibilità di una adeguata assistenza ai sofferenti, è indice di non avere chiari i valori ed i problemi che devono realmente assorbire. Con ciò non si vuol dire che bisogna trascurare le diverse forme di attività parrocchiale per seguire soltanto gli ammalati, bensì che se si vuole ottenere efficacia e proporzione di sviluppo di un piano apostolico, affidato ad ogni cuore sacerdotale, occorre anche dare il tempo necessario ai sofferenti perché e di essi la società ha bisogno » (Paolo VI, Venerdì Santo, 1964).

venerdì 10 febbraio 2012

Amici carissimi, pubblichiamo anche sul nostro blog, un banner e la foto di Mons. Novarese che porteremo in ogni parrocchia dove presen
teremo l'iniziativa: Sui passi del Venerabile Luigi Novarese".

giovedì 9 febbraio 2012

QUESTIONI DI PECORE

Leggiamo cosa ci dice don LucianoRuga (foto) Moderatore Generale dei Silenziosi Operai della Croce da "Editoriale" - Rivista "L'Ancora" n. 02 - 2012 Alla porta del re potente si avvicina chi può. Attraverso la porta del re amante, entrano tutti. Ogni manifestazione tende a suscitare una risposta analoga. Chi ostenta potere, tende a suscitare il medesimo atteggiamento nei propri interlocutori. Anche la persona più debole e misera, avvicinandosi al re potente, cerca di ricevere il potere: ottenere favori, risorse che non possiede, elargizioni. Al tempio potente dell’antico Israele ci si recava con le debite osservanze e purificazioni. Nel luogo più santo entravano solamente i sacerdoti. Vi era molta distanza tra il popolo e Dio. Certamente non sono mancati coloro che hanno occupato questo spazio, prosperando nei loro interessi personali. Gesù testimonia l’immagine di Dio come di un re totalmente differente, che non manifesta potere ma amore. Anche in questo caso la risposta che viene suscitata nel popolo è analoga a quanto offerto. Il dono d’amore suscita risposte di amore. La persona debole e misera, che si accosta al re amante, riceve un dono impegnativo. Non avrà accolto pienamente quanto le è stato offerto, fino a quando lei stessa non sarà capace di donare agli altri. Il re amante non ha un tempio, né vi sono riti e prescrizioni per guadagnarsi l’incontro con lui. Il Vangelo di Giovanni presenta, al capitolo 10, delle immagini particolarmente efficaci per far comprendere il Dio cristiano. Per parlarci dell’amore infinito del Padre, Gesù sceglie esempi dalla pastorizia e paragona se stesso alla porta dell’ovile (v. 7-10) e al pastore delle pecore (v. 11-18). Attraverso la porta tutte le pecore possono entrare e uscire e trovare pascolo, nutrimento, vita. Seguendo il pastore il gregge è libero di accedere alla vita. Di più: entra in comunione di vita con il pastore. Gesù, infatti, è la vita stessa e le immagini del vangelo di Giovanni descrivono la nostra partecipazione alla vita di Gesù, a quello stesso amore che è suo e del Padre, nello Spirito Santo. Gesù presenta se stesso come unica porta e unico pastore. Non vi altro ingresso al recinto delle pecore. Chi vi giunge da altre parti non ricerca il bene del gregge: è “ladro o brigante”. Non vi è altro pastore che condivida con il gregge la pienezza della vita. Chi vuole condurre le pecore per interesse proprio è un mercenario. Considera soltanto il proprio guadagno, i soldi che riceverà. Davanti al pericolo il mercenario fugge, perché non ha interesse per le pecore. Il pastore invece da la vita per il gregge. Non solo cura la vita del gregge, conducendolo al pascolo e custodendolo. Fa molto di più: ama, fino a donare la sua vita per il gregge. Per questo l’insegnamento di Gesù è liberante, perché sottrae il gregge alla paura di perdere la vita. Vita derubata dalle limitazioni, dal senso di colpa, dalle temute inosservanze. Vita definitivamente perduta nel momento della morte, giudicati da un re potente e severo. Dal recinto dove il popolo era stato rinchiuso dall’autorità religiosa di quel tempo (e di ogni tempo), Gesù conduce il popolo verso pascoli sconfinati ed erbosi, nella libertà. Non costituisce un’altra istituzione, parallela e comunque schiavizzante. Non si tratta di un cambio di recinto. Non si passa dalla corte di un re potente a quella di un re ancor più potente. Si entra nella porta del Regno di Dio amante della vita. Si impara ad amare come lui, ogni giorno, in ogni situazione. LucianoRuga da "Editoriale" - Rivista "L'Ancora" n. 02 - 2012

mercoledì 8 febbraio 2012

PREGHIERA

O Eterno Padre, che ami tanto i sacerdoti, dispensatori dei Divini Misteri, ... Ti ringraziamo dei doni concessi al Tuo servo fedele sacerdote Il Venerabile Luigi Novarese, fondatore dei Silenziosi Operai della Croce, al quale hai fatto comprendere il valore salvifico della sofferenza nell'apostolato del malato. Ti chiediamo che venga glorificato anche qui in terra a conforto e sollievo dei sofferenti e, per l'amore che egli ha portato alla Vergine Immacolata, fa' che noi seguiamo il suo luminoso esempio nell'amore alla Croce, nel servizio alla Chiesa e alla promozione umana e cristiana dei sofferenti e concedici la grazia che imploriamo... Gloria ... Venerabile, Servo di Dio Luigi Novarese, prega per noi!
(Nella foto, Luigino in Sanatorio) (www.sodcvs.org)

IL MIRACOLO

Un miracolo per intercessione di Luigi Novarese Graziella Paderno, nel febbraio 2002, all’età di 56 anni, iniziò a soffrire di dolori alla spalla sinistra accompagnati da limitazioni funzionali. Le venne diagnosticata una “Periartrite scapolo-omerale sn”. Dopo varie visite specialistiche, le venne prescritto un ciclo di onde d’urto. Prima di iniziare tale cura, il 15 luglio 2002, mentre si trovava già sul lettino per l’applicazione delle onde d’urto, avvertì un forte torpore su tutto il corpo ed un calore che l’avvolgeva. L’esame radiologico subito effettuato evidenziava la scomparsa delle calcificazioni. Il cammino di studio è stato molto lungo e non sono mancate alcune difficoltà. Inizialmente, già nel 2004, sotto la direzione del Postulatore, Padre Innocenzo Venchi, Sorella Elvira Myriam chiese due perizie a due medici consultori della Congregazione per le Cause dei Santi. Tutti e due i pareri furono positivi. Così si passò ad istituire l’Inchiesta Diocesana a Vercelli sul presunto miracolo di Graziella Paderno, che durò dal 22 giugno 2007 all’8 gennaio 2008. Dopo aver accolto tutto il lavoro svolto nella Diocesi di Vercelli, la Congregazione per le Cause dei Santi ha consegnato il caso allo studio della Consulta Medica, che dopo non poche difficoltà superate, ha dato parere favorevole. Il Santo Padre Benedetto XVI in data 19 dicembre 2011 ha firmato il Decreto in cui si riconosce il miracolo ottenuto per intercessione del nostro Padre Fondatore, il Venerabile Luigi Novarese. Questo è l’ultimo atto del processo di beatificazione. Restano da decidere la data della memoria liturgica e la data della beatificazione che avverrà, probabilmente, nel maggio 2013.

martedì 7 febbraio 2012

Ecco un altra rivista: l’ancora, rivista di collegamento degli associati al Cent...ro Volontari della Sofferenza, fondata dal Venerabile Luigi Novarese nel 1949, che alla informazione unisce una continua e valida formazione. L'Ancora si rivolge al vasto mondo dell'umana sofferenza, promuovendo ogni persona come "soggetto attivo": protagonista della propria storia, artefice del bene comune nella società e nella Chiesa. Principale organo informativo e formativo del Centro Volontari della Sofferenza, la rivista contiene riflessioni ed esperienze, notizie e progetti, cronache di un quotidiano impegno apostolico e sguardi attenti all'intera umanità, ai cammini sofferti che spesso la caratterizzano.
Carissimi, in continuità con il Vangelo di Domenica, la vita pubblica di Gesù che guarisce molti malati, che fanno di tutto, pur toccando un lembo del mantello (come abbiamo ascoltato ieri nel Vangelo), ho creduto opportuno approfondire il discorso circa l’annuncio del Vangelo, pur per chi soffre. Quindi, riporto, una breve riflessione riportata nella rivista bimestrale (foto) AUS (Ancora nell’Unita di Salute) di Pastorale della Salute curata dai Silenziosi Operai della Croce, nella quale ci sono vari interventi. La redazione ha approfondito: Il vero luogo per evangelizzare è vicino agli infermi più bisognosi e trascurati. Una Chiesa che voglia essere fedele a Cristo “mandato ad annunciare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18), deve ricordare che il luogo determinate dal quale Gesù ev...angelizza sono i malati poveri, settore più abbandonato ed emarginato della società ebraica dove c’è una vita dolorosa sempre più minacciata e deteriorata; è lì che Gesù annuncia il Regno (tema di quest’anno). Tutto ciò deve ispirare anche oggi l’evangelizzazione. Il servizio al malato povero, umiliato e abbandonato è il contesto dal quale si può annunciare alla società l’intera grazia salvifica di un Dio amante della vita. Lì si deve cercare il criterio fondamentale di discernimento e il punto di riferimento della presenza evangelizzatrice. Questo servizio samaritano agli infermi più bisognosi e trascurati si concretizza nel farsi più vicino ai più abbandonati, nella difesa incondizionata dei più indifesi, nella denuncia delle ingiustizie verso i più deboli o nell’aiuto gratuito agli ultimi. La rivista sopracitata è una fonte di informazione culturale- pedagogico oltre che cristiana, chiunque fosse interessato può rivolgersi alla Direzione Generale www.sodcvs.org, o anche me che poi trasmetto tutto alla Direzione.

lunedì 6 febbraio 2012

ALLA SCUOLA DEL NOSTRO FONDATORE!

Questa sera alle 19,00 si terrà un incontro formativo per capigruppo e gruppi d'avanguardia per l'apostolato. L'incontro si terrà presso la nostra sede in via Perugia,44.

domenica 5 febbraio 2012

BEATIFICAZIONE DEL VENERABILE LUIGI NOVARESE Il Presidente della Confederazione CVS Internazionale, in data 3 febbraio 2012, ha inviato ai Responsabili Diocesani CVS un comunicato informativo e di sondaggio in preparazione dell'Anno Novaresiano e per la futura Beatificazione di Mons. Luigi Novarese, prevista, presumibilmente, per il mese di maggio 2013. In detto comunicato Anna Maria Cipriano afferma che "la Beatificazione sarà preceduta da una fase preparatoria (2012) orientata a far conoscere la figura del futuro Beato e ad approfondirne la spiritualità e gli insegnamenti. Alcune attività saranno promosse direttamente dai Silenziosi Operai della Croce, altre affidate alle iniziative locali." Prosegue dicendo che la "seconda fase (2013) sarà dedicata più specificamente alla preghiera e al ringraziamento. Non appena resa ufficiale la data della Celebrazione, sarà pubblicato un opuscolo con il calendario completo degli eventi e le modalità di partecipazione". Ulteriori informazioni si possono trovare su: www.sodcvs.org o www.luiginovarese.it
VIVIAMO IL VANGELO.... Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,29-39. E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

giovedì 2 febbraio 2012

"Curare tutto l’uomo - Tutta le persona soffre, tutta la persona offre". E' pubblicato il sussidio per la Celebrazione della Giornata del Malato 2012. Per parroci, associazioni, ammalati e loro familiari, il contenuto del sussidio è sul tema della Giornata Mondiale del Malato 2012. Aperto ad altri momenti, differenziandone le proposte, il libro è pensato non solo per il momento celebrativo, nella data prevista per la Giornata Mondiale del Malato, ma anche e soprattutto per la preparazione e le conseguenze di quel momento ufficiale. Il testo si presta ad utilizzi differenziati, potendosi adattare ai cammini ecclesiali che lo accolgono. Il libretto si può richiedere alla Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce (06-39674243), è prenotabile a questo indirizzo e si trova in tutte le librerie cristiane.
Lunedì, martedì e mercoledì scorso a Roma, presso la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce in via di Monte del Gallo 105 si è tenuto un Convegno della Lega Sacerdotale Mariana. LA PASTORALE DELLA SALUTE ALLA LUCE DELLA "CRISTIFIDELES LAICI". Ecco alcune foto.